Roma, dopo la cacciata dei Tarquini, deve affrontare un periodo travagliato, caratterizzato da lotte contro i vicini Etruschi e Latini, che vedono in Roma una minaccia.
Nel frattempo si delinea e prende corpo l’ordinamento costituzionale della giovane repubblica, l’intero sistema viene concepito con lo scopo che in futuro sia impossibile il verificarsi nuovamente di tentativi autoritari:
- le magistrature sono elettive, collegiali, temporanee e onorifiche;
- i vari poteri (legislativo, esecutivo, giudiziario e militare) vengono ripartiti tra organi diversi dello stato: magistrati, comizi e senato.
Il potere era esercitato dai patrizi e i plebei non potevano farne parte in nessun modo. Questo portò, già dai primi tempi della repubblica, lo sviluppo di contrasti fra patrizi e plebei che si prolungarono per circa 50 anni, concludendosi con delle concessioni ai plebei: il tribunato a difesa degli interessi popolari, la promulgazione delle leggi scritte, l’eliminazione del divieto di matrimoni misti, l’accesso al consolato.
Durante il periodo delle lotte sociali le legioni romane, dopo il superamento, nel IV secolo, della paura e dello sbandamento provocato dall’irruzione dei Galli, riprendono le operazioni militari per il predominio sull’Italia meridionale:
- combattono e vincono i Sanniti,
- si sabarazzano della Lega latina,
- sottomettono Taranto e conquistano tutte le città della Magna Grecia, fino allo stretto di Messina.
La conquista dell’Italia meridionale mette Roma in contatto con Cartagine, potente città africana che controlla il Mediterraneo occidentale e limita la sicurezza e la libertà del traffico marino romano lungo le coste meridionali della penisola.
Questo provoca la prima guerra punica, combattuta per terra e per mare, in Sicilia e in Africa e di nuovo in Sicilia.
La guerra si conclude con la vittoria di Roma:
- ottiene la Sicilia;
- occupa la Sardegna e la Corsica;
- si insedia nell’Illiria (al di là dell’Adriatico);
- invade la pianura padana.
Nel frattempo Cartagine, aspettando la rivincita su Roma, conquista la Spagna. Grazie ad Annibale, grande condottiero cartaginese, Cartagine valica con l’esercito le Alpi e scende in Italia.
Annibale segna una serie di vittorie: prima vince le battaglie alla Trebbia, al Ticino e al Trasimeno, poi si ferma per far riposare le truppe, aspettando i rinforzi dall’Africa, rinunciando, così, ad attacare Roma.
Roma, nel frattempo, cerca di riprendersi agendo contro Siracusa in Sicilia (alleatasi con Cartagine), manda un esercito in Grecia contro la Macedonia (alleata di Annibale) e la costringe a una pace di compromesso; invia un esercito in spagna per impegnare le forze cartaginesi indirizzate verso l’Italia a rinforzo delle truppe di Annibale.
Annibale viene richiamato in patria da Cartagine, Roma invia delle legioni, comandate da Publio Cornelio Scipione, che sbarcano in Africa e battono il condottiero nei pressi di Zama.
Grazie a questa vittoria Roma conquista il dominio incontrastato sul Mediterraneo occidentale.
Cartagine è vinta, ma non domata; la sua ripresa è rapida e allarma gli ambienti economici, militari e politici di Roma, che spingono per la “soluzione finale”.
Si arriva così alla terza guerra punica, che si conclude con la totale distruzione di Cartagine.
Il dominio di Roma, nel frattempo, si è allargato arrivando:
- a parte della Spagna;
- alla Gallia Cisalpina e Transalpina (collegamento per la penisola iberica);
- ai Balcani;
- alla Grecia;
- all’Asia Minore.
La cultura romana viene profondamente cambiata dalla conquista della Grecia e dell’Oriente ellenistico: tra i ceti più colti e raffinati si fa strada lo scetticismo, scade la moralità e il sistema di vita pubblico e privato.
I conservatori, guidati da Catone il Censore, cercano di combattere questa tendenza, reclamando il rispetto dei valori tradizionali.
I senatori, intanto, consolidano il loro potere ed estendono le loro ricchezze impossessandosi delle terre demaniali, mentre l’ordine equestre, formato dai pubblicani che speculano sull’amministrazione delle province, incomincia a reclamare e a far valere i suoi diritti di fronte al Senato.
La formazione del latifondo ha come conseguenza un rapido declino delle classi medie, infatti, il piccolo agricoltore indipendente scompare e si spopola l’Italia rurale da cui, fino ad ora si è attinto per formare le legioni.
Da qui la necessità di una riforma agraria che ha come primo obiettivo la ricostruzione della piccola proprietà nelle campagne, per garantire la forza militare di Roma e per allontanare la plebe diseredata dalla città che rappresenta una fonte di minaccia alla pace sociale e all’ordinato svolgimento della vita politica.
Tiberio e Caio Gracco si fanno promotori di tale iniziativa, che, però, finisce nel sangue. La vittoria dell’oligarchia senatoria sui Gracchi assicura in Italia un decennio di stabilità politica e di pace sociale, dopo la quale ha inizio il periodo più tormentato della storia di Roma:
- si radicalizzano rivalità tra i partiti,
- riforme e controriforme vengono attuate con la forza delle armi,
- la lotta politica diventa sempre più accesa e sanguinosa.
Mario e Silla capeggiano, rispettivamente, lo scontro fra popolari e ottimati. La prima guerra civile, che si ha subito dopo la rivolta degli Italici, porta Silla a essere padrone incontrastato di Roma: elimana gli avversari e attua una serie di riforme che portano a restaurare il dominio degli ottimati, rendendo innocui i poteri dei tribuni; subito dopo si ritira a vita privata, sicuro di aver assolto il compito per il quale era stato chiamato.
Sulla scena politica emergono Cesare e Pompeo.
Pompeo ha ragione della rivolta degli Iberici in Spagna, annienta una colonna di schiavi sopravvissuti alla guerra servile, elimina la pirateria nel Mediterraneo, vince definitivamente Mitridate e lo costringe al suicidio.
Pompeo, sopo il trionfale ritorno dall’Oriente, è deluso per il trattamento che gli viene riservato dal Senato, così si allea con Crasso e Cesare per formare il primo triumvirato per ripartirsi le cariche ed emarginare l’oligarchia senatoria.
Grazie a questa alleanza, Cesare può iniziare la conquista della Gallia, che porta in breve tempo a termine.
Crasso muore durante la guerra contro i Parti e il triunvirato cessa di esistere.
Intanto Pompeo si è avvicinato al Senato e Cesare ha acquistato consenso popolare; il Senato ordina a Cesare di licenziare l’esercito e di rientrare a Roma come un privato cittadino, Cesare risponde marciando direttamente sulla città alla testa delle sue legioni, mentre Pompeo e g molti senatori fuggono in Epiro per organizzare la resistenza.
Lo scontro ha luogo a Farsalo in Tessaglia, nel 48 a.C.: Cesare vince e rafforza le posizioni di Roma in Oriente, liquida gli ultimi pompeiani in Africa e in Spagna e torna in Italia da trionfatore.
Nel 44 a.C. Cesare viene ucciso da Bruto e Cassio, ardenti sostenitori della Repubblica. Dopo la morte di Cesare, la lotta per il potere continua fra Antonio e Ottaviano, in un alternarsi di rotture e di precarie riconciliazioni.
Il termine della lotta si ha nella battaglia di Azio, nel 31 a.C., in cui la flotta di Antonio e Cleopatra, regina d’Egitto legata al generale romano, è sbaragliata. Antonio e Cleopatra riescono a piegare ad Alessandria, ma poco dopo si tolgono la bita. L’Egitto diventa provincia romana e perde ogni suo ruolo nella storia.
Ottaviano diventa dominatore incontrastato di Roma, la Repubblica cessa di esistere, inizia il principato.
- La nascita della Repubblica
- Roma contro i Latini e gli Etruschi
- Il primo ordinamento repubblicano
- I contrasti fra patrizi e plebei
- Arrivano i Galli
- Guerre sannitiche
- I Romani conquistano la Magna Grecia
- Ordinamento dello Stato Romano
La nascita della Repubblica
Dopo la cacciata di Tarquinio il Superbo vennero nominati i primi due consoli romani della repubblica: Bruto e Collatino. Collatino venne destituito dopo poco perchè non si impegnò nel reprimere un complotto del Superbo per poter tornare al potere; Lucinio Giunio Bruto, invece, divenne il simbolo della libertà romana, grazie anche al fatto di condannare a morte i suoi stessi figli, implicati nel tentativo di restaurazione della monarchia.
Allo stesso tempo il Senato decretava di mandare a Porsenna il re etrusco di Chiusi, proprio per tagliare definitivamente tutti i ponti con il passato, “il trono d’avorio, lo scettro, la corona d’oro e la veste trionfale con cui si erano da sempre adornati i re ” (Diodoro). La monarchia, quindi, fu abbattuta dal patriziato, che voleva consolidare la sua egemonia sociale e politica, stroncando il tentativo dei plebei di partecipare al governo. Si può concludere che la repubblica romana nacque aristocratica e non ebbe affatto carattere popolare.